Emotional branding come approccio strategico che non si limita a raccontare cosa fa un brand e cosa vende. Parte dal loyalty purpose, ovvero la ragione profonda per cui un brand desidera costruire relazioni di qualità (non solo transazioni in quantità). È questa intenzionalità più virtuosa a rendere la comunicazione di marca una leva trasformativa, capace di ispirare e generare fiducia e gratitudine nelle persone.
Agire sulle emozioni, attivando una risonanza autentica e costruendo strategie di identificazione profonda: l’emotional branding si configura come la dimensione più evoluta del marketing emozionale. L’obiettivo non è creare engagement momentaneo. È costruire relazioni in cui le persone si riconoscono e si rispecchiano nei valori del brand, ne condividono la visione, scegliendo di rimanere perché trovano un senso condiviso. Quando l’identità del brand incontra le aspirazioni delle persone, la comunicazione evolve in esperienza e la marca si trasforma in una presenza rilevante che entra a far parte della vita quotidiana: un riferimento stabile, capace di ispirare e accompagnare un immaginario collettivo influenzando scelte e comportamenti, costruendo connessioni durature.
In un mondo globalizzato e informatizzato, prodotti e servizi tendono a somigliarsi sempre di più. Oggi la differenza non è più che cosa un brand vende e a che prezzo. È perché esiste e che cosa rappresenta per le persone – spiega Federico Rocco, partner e Ceo di Kettydo (a DGS Company) -. L’emotional branding nasce da questa consapevolezza: non è una leva creativa, ma un approccio strategico che parte dal loyalty purpose del brand per costruire relazioni rilevanti, coerenti e memorabili. L’obiettivo non è colpire, ma risuonare. Non è persuadere, ma diventare significativi, non è attivare una reazione a uno stimolo, ma ispirare le persone e farle stare bene nell’ecosistema del brand”.
Emotional branding: perché se ne parla sempre di più
In un contesto di mercato saturo, ipercompetitivo e in costante trasformazione, le persone non scelgono solo in base alla razionalità: si orientano verso i brand che sanno coinvolgerle, emozionarle, rappresentarle. Costruire una relazione autentica e significativa è ciò che permette oggi a un brand di distinguersi e attivare un tipo di legame capace di rigenerarsi nel tempo. L’emotional branding, di fatto non è un esercizio creativo fine a sé stesso. È una leva strategica per costruire significato, affinità e valore che favorisce una connessione profonda tra un brand e le sue persone di riferimento.
Ethos, Logos, Pathos: il potenziale trasformativo della comunicazione di marca
Per comprendere fino in fondo la potenza dell’emotional branding, è utile tornare alle radici della persuasione. Già Aristotele aveva individuato tre leve fondamentali per influenzare le decisioni e attivare il consenso: Ethos, che richiama la credibilità e l’autorità morale di chi parla; Logos, che si fonda sulla logica, l’argomentazione e la coerenza del discorso; e Pathos, che riguarda la capacità di suscitare emozioni e risonanza empatica. Queste tre modalità, nate in ambito retorico, oggi sono strumenti chiave nella comunicazione strategica e, in particolare, nell’emotional marketing e nell’emotional branding.
Quando un brand comunica in modo efficace, non si limita a veicolare un messaggio. Ed è proprio nell’integrazione di Ethos, Logos e Pathos che si sprigiona il massimo potenziale della brand communication.
- Ethos + Logos: credibilità e autorità → quando la razionalità si sostiene su basi valoriali solide e riconosciute
- Logos + Pathos: emozione e immaginazione → quando il pensiero logico si traduce in visioni ispiranti e coinvolgenti
- Pathos + Ethos: engagement e fiducia → quando l’emozione si ancora a un’identità autentica e coerente
Nel punto d’incontro di queste tre forze nasce una narrazione trasformativa, capace di andare oltre il messaggio pubblicitario per diventare relazione. Un’esperienza che persuade, ispira e genera valore condiviso.
Dal brand advertising all’emotional branding
Dunque, se la pubblicità tradizionale ha sempre cercato di attirare l’attenzione, nell’era della saturazione comunicativa, l’attenzione scarseggia. Le persone non cercano solo messaggi ben confezionati: cercano significato. E il significato non si costruisce con uno slogan, ma con una relazione di senso. È qui che l’emotional branding mostra tutta la sua forza, uscendo dalla logica dell’advertising per abbracciare quella di un fondamento ispirazionale.
Il branded entertainment, in questa prospettiva, non è un contenitore narrativo – sottolinea Luca Lanza, Partner & Consultancy Practice Director di Kettydo -: è un canale strategico per attivare visione, generare consapevolezza e far emergere la motivazione profonda che spinge un’organizzazione a voler costruire relazioni che durano. Non è più il prodotto al centro. È ciò che rappresenta il brand per le persone, diventando parte della loro storia, del loro vissuto, delle loro scelte quotidiane. Ecco perché video, podcast, esperienze immersive, formati narrativi ed editoriali e trigger di gamification diventano strumenti di un disegno sistemico più ampio e potente: quello di una connessione che non si basa sulla transazione, ma sulla condivisione di valori che non nasce necessariamente da una spinta commerciale, ma da un riconoscimento reciproco”.
Le persone non seguono un brand perché è perfetto, ma perché è coerente. Non lo scelgono perché è più visibile, ma perché lo sentono più vicino. E soprattutto, lo sostengono perché percepiscono che quella relazione aggiunge senso alla loro quotidianità. Un brand ispirazionale non promette qualcosa che le persone devono comprare. Rappresenta qualcosa in cui le persone desiderano credere.
Dall’emozione all’azione: progettare esperienze che lasciano il segno
L’emotional branding funziona davvero quando l’emozione non resta un’impressione passeggera, ma si traduce in azione, relazione, partecipazione, co-creazione. Per ottenere questo risultato serve un progetto strategico che non si limiti a suscitare dei sentimenti momentanei (ad esempio stupore, curiosità, commozione), ma sappia connettere le emozioni ai bisogni reali delle persone, valorizzandone i desideri, i valori, le aspettative più profonde. In questo senso, lo storytelling di marca non è un esercizio narrativo fine a sé stesso, ma una leva per costruire coerenza e riconoscibilità. Il brand smette di essere solo un emittente e diventa un punto di riferimento: un interprete culturale, capace di attivare immaginazione e visione. Ma per farlo servono strumenti che rendano questo tipo di connessione possibile, continua, rilevante e pertinente. E qui entrano in gioco nuovi approcci alla progettazione dell’engagement.
Continuous engagement: dalla presenza alla relazione continua
Se l’emozione è l’innesco, la continuità è la leva che trasforma un’interazione in una relazione. Il continuous engagement è l’approccio che permette al brand di accompagnare la persona lungo tutto il journey, non con comunicazioni spot, ma con un dialogo costante, rilevante e contestuale. È un cambio di paradigma profondo: il brand non parla più per fasi, ma diventa un interlocutore costante, capace di attivare conversazioni rilevanti in ogni momento della relazione. Ascolta, comprende, anticipa. Per farlo, servono dati, ma soprattutto un’intelligenza relazionale che consenta di interpretare i segnali e tradurli in esperienze che contano davvero.
Loyalty system: il cuore tecnologico dell’emotional branding
Per rendere tutto questo possibile serve un ecosistema integrato. Il loyalty system è l’architettura strategica che permette di orchestrare dati, contenuti e tecnologie al servizio della relazione. Non è un programma a punti. È una piattaforma relazionale che collega i touchpoint, abilita una personalizzazione dinamica e supporta l’engagement su base continuativa.
Nel loyalty system, le emozioni non si progettano una tantum: si coltivano – sottolinea Lanza -. Ogni interazione diventa una leva per rafforzare la fiducia, generare affinità e costruire valore condiviso. L’emotional branding, in quest’ottica, non è solo una visione. È un modello operativo, capace di trasformare il marketing in un sistema di relazione evolutiva, dove l’esperienza non si limita a colpire, ma accompagna. Non basta emozionare una volta: serve creare un contesto in cui le persone possano riconoscersi, ritornare, contribuire. Un ecosistema fluido e adattivo, in cui ogni contenuto, dato o segnale relazionale trova il suo posto per attivare un engagement continuo e coerente”.
Il loyalty system non è solo una nuova etichetta per vecchi strumenti e approcci usati e abusati. È una nuova architettura strategica delle relazioni, fondata su una visione olistica e sistemica.
Quando parliamo di emotional branding, non ci riferiamo a una dimensione accessoria della comunicazione, ma al nucleo più profondo della relazione tra brand e persona – conclude Rocco -. Questo significa ripensare il ruolo stesso del brand nella vita delle persone: non più una presenza che persuade, ma un riferimento che ispira, accoglie e costruisce senso. L’emotional branding è il primo passo: attiva le emozioni, genera connessioni, costruisce significati condivisi. Ma perché queste connessioni diventino continue, servono sistemi capaci di sostenerle e amplificarle nel tempo. Il Loyalty System rappresenta questo cambio di paradigma che integra tecnologia, contenuti e cultura per trasformare ogni interazione in un momento di verità. È così che si costruisce fiducia. È così che si rigenera la fedeltà: non attraverso una logica di trattenimento, ma grazie a un ecosistema che ascolta, restituisce e accompagna. Perché fidelizzare, oggi, significa progettare esperienze che mettono la relazione – e non la transazione – al centro di tutto”.
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Kettydo+ mette a sistema competenza strategica e tecnologica, coniugando Design Thinking e Service Design per guidare le organizzazioni attraverso una fase di co-creazione e progettazione finalizzata a attrarre, ingaggiare, connettere e fidelizzare in modalità continua e duratura. Triangolando consulenza, esperienza e competenza tecnica e operativa, Kettydo+ ha definito un approccio metodologico multidimensionale e data driven all’engagement e alla loyalty anche in virtù dello sviluppo di una innovativa Martech Platform proprietaria, costituita da una suite di moduli diversificati che possono essere usati singolarmente o in base a dei cluster funzionali. Kettydo+ è un partner che garantisce un approccio innovativo, personalizzato ed end-to-end alla gestione della profilazione delle Loyalty Personas (utenti, consumatori, acquirenti, clienti fidelizzati) garantendo la definizione di journey di qualità e la rilevanza delle esperienze, kavorando su valori e trigger che trasformano la soddisfazione in fidelizzazione, accorciando i tempi di rilascio e massimizzando gli investimenti.