Nel 2025 non è più sufficiente essere presenti: bisogna essere rilevanti. I brand che riescono a conquistare la fiducia delle persone sono quelli che sanno accompagnarle fin dai primi istanti della loro ricerca, con contenuti pertinenti e utili. È in questa fase di pre-shop, prima ancora che si generi un clic o un carrello, che si formano le intenzioni d’acquisto e si orientano le scelte future. Le retail media networks diventano quindi l’infrastruttura ideale per presidiare questo spazio intermedio tra ispirazione e conversione. Non sono solo strumenti di promozione, ma leve strategiche per costruire una narrazione coerente e personalizzata, integrata nei canali di proprietà del retailer. Un posizionamento che non disturba, ma accompagna; non interrompe, ma amplifica il percorso del consumatore.
Le retail media networks sono piattaforme pubblicitarie gestite direttamente dai brand della distribuzione, che consentono ai partner commerciali di acquistare spazi promozionali sui canali fisici e digitali di un’ecosistema di relazione e di interazione strategico. Parliamo di display, radio in-store, totem e schermi interattivi nei punti vendita, ma anche di siti e-commerce e app mobile, ovvero un insieme integrato di touchpoint che permette di veicolare campagne mirate all’interno dell’ecosistema proprietario del retailer, sfruttando dati di prima parte e contesti ad alta propensione d’acquisto. Queste infrastrutture permettono ai brand di pianificare campagne estremamente mirate all’interno dell’ecosistema proprietario del retailer. Dati transazionali, comportamentali e contestuali — raccolti lungo tutti i touchpoint — alimentano modelli evoluti di customer intelligence, capaci di delineare micro-segmenti dinamici e di orchestrare strategie di marketing automation omnicanale. Così diventa possibile adattare messaggi e contenuti in tempo reale, parlando alla persona giusta, nel momento giusto, con il messaggio più pertinente, e trasformando ogni interazione in un potenziale acceleratore di fiducia e fedeltà.
Per i brand, attivare una retail media network significa:
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accedere a contesti dove la propensione all’acquisto è già alta, veicolando messaggi nel momento in cui la decisione si forma
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coniugare performance marketing e brand building, valorizzando ogni singolo punto di contatto
I retailer hanno una funzione sempre più attiva come mediatori di scelta
In una ricerca intitolata “What matters to today’s consumer: 2025 – Key findings and actionable insights for brands and retailers”, gli analisti di Capgemini fanno il punto. Giunta alla sua quarta edizione, l‘indagine globale – condotta su 12.000 consumatori – aiuta a decifrare le priorità e le preferenze delle persone, dando indicazioni ai brand su come connettere le proprie strategie ai bisogni e ai comportamenti in evoluzione.
- 53% dei consumatori dichiara di notare gli annunci su siti e app dei retailer mentre cerca un prodotto
- il 58% degli shopper sui social media afferma di aver acquistato un prodotto dietro consiglio di un influencer
Questi dati confermano come, accanto all’influencer marketing, i retailer stessi hanno una funzione sempre più attiva come mediatori di scelta. Anche i marchi della distribuzione oggi hanno il potere – e la responsabilità – di proporre contenuti realmente utili, esperienze personalizzate e offerte pertinenti, diventando essi stessi influencer relazionali.
Retail media network: il pre-shop come nuovo punto di conversione
Il concetto di pre-shop rappresenta una delle trasformazioni più profonde nell’attuale journey del consumatore. Con questo termine si intende la fase preliminare e spesso invisibile in cui le persone iniziano a cercare ispirazione, raccogliere informazioni, confrontare alternative e maturare una preferenza, prima ancora di cliccare su un sito, entrare in negozio o aggiungere un prodotto al carrello. Si tratta di uno spazio-tempo relazionale che non coincide con l’awareness pubblicitaria classica né con la decisione di acquisto consapevole. È un ambiente fluido, frammentato e altamente influenzabile, in cui la motivazione si forma attraverso molteplici micro-input: un reel su TikTok, un consiglio di un amico, una notifica di back-in-stock, un suggerimento della Gen AI, una recensione letta per caso.
Questa fase di pre-acquisto non è più solo un passaggio tattico: è diventata una leva strategica per costruire fedeltà, prima ancora della transazione. Perché è proprio lì che si attivano o si perdono le prime connessioni emotive, cognitive ed esperienziali tra brand e persona. Il pre-shop è il nuovo terreno di gioco della fiducia. Sopratutto considerando come il 45% dei millennial e circa la metà della Gen Z abbiano già acquistato via social media. Questi dati non è solo una conferma del potere dei canali social come punto vendita, ma un campanello d’allarme per tutti quei brand che pensano ancora al loyalty marketing come qualcosa che scatta solo dopo la conversione. La verità è che la fedeltà si semina ben prima dell’acquisto.
A rendere ancora più strategico questo spazio pre-transazionale è un altro dato: il 70% degli shopper che acquistano tramite social dichiara di affidarsi ai consigli degli influencer. È una crescita significativa rispetto al 50% dell’anno precedente, che evidenzia un cambio culturale: oggi è la relazione – e non solo la promozione – a guidare la scelta. Non è il contenuto a parlare del brand. È la storia che si attiva attorno ad esso.
Progettare journey relazionali puntando all’engagement e alla loyalty
Ma il pre-shop non si limita ai social: il 58% dei consumatori afferma di notare gli annunci veicolati da siti e app dei retailer proprio durante le fasi di ricerca. Questo conferma che i canali di proprietà, se alimentati da dati e contenuti rilevanti, possono diventare ambienti di influenza, dove le persone sono ricettive a messaggi contestuali e personalizzati. Per questo, oggi è fondamentale progettare journey relazionali che iniziano nel pre-shop, capaci di intercettare bisogni latenti, stimolare la curiosità, nutrire la fiducia e offrire valore contestuale. Ogni contenuto, ogni messaggio, ogni touchpoint può essere un attivatore di relazione, se pensato in ottica di rilevanza, coerenza e tempestività.
Ed è proprio in questa fase che il branded entertainment può giocare un ruolo decisivo. Non come semplice contenuto accessorio, ma come forma narrativa attiva e strategica, capace di dialogare in modo fluido con l’ecosistema dei retail media networks. Formati short-form, video editoriali, webserie, contenuti immersivi e storytelling nativo diventano touchpoint emozionali che non solo attirano l’attenzione, ma la trasformano in connessione. Quando l’advertising incontra la narrazione, il contenuto smette di interrompere e inizia ad accompagnare. E quando la pertinenza è orchestrata da dati, insight e intelligenza aumentata, ogni messaggio diventa un’esperienza personalizzata, memorabile, rilevante. Nel loyalty marketing contemporaneo, il pre-shop non è solo il luogo della scelta. È lo spazio dove nasce la fiducia. E la fiducia si costruisce con contenuti che ispirano, esperienze che parlano la lingua delle persone e strategie che connettono valore e senso.
Gen AI, dati e media retail: la nuova era del marketing
Un’evoluzione tecnologica dirompente sta riscrivendo le regole del marketing. L’avvento della Generative AI, combinato con l’uso strategico dei dati e delle retail media networks, consente oggi di attivare una forma nuova di personalizzazione: più intelligente, predittiva e fluida. Non si tratta più di segmentare, ma di comprendere davvero. Non basta sapere cosa ha comprato il cliente. Serve intuire cosa potrebbe desiderare, in base al contesto, al momento, all’umore, ai micro-segnali che esprime lungo il journey. Questo è il cuore della loyalty data-driven: un sistema che osserva, ascolta, interpreta e anticipa. È qui che la tecnologia si mette al servizio della relazione, potenziando l’intelligenza umana con capacità predittive, contestuali ed emozionali.
I retail media networks diventano hub strategici per attivare questo tipo di esperienzialità. Non sono semplici spazi pubblicitari, ma canali relazionali intelligenti, integrati nei touchpoint digitali e fisici – spiega Luca Lanza, Partner e Consultancy Practice Director di Kettydo+ -. Secondo gli analisti, il 70% dei consumatori oggi usa strumenti di Gen AI al posto dei motori di ricerca per trovare prodotti. Questo dato non descrive solo un cambio d’abitudine: parla di un nuovo modo di cercare, scegliere e aspettarsi risposte. Le persone vogliono interazioni capaci di rispondere in modo personalizzato, immediato e pertinente. Considerando come il 53% degli intervistati desidera ricevere annunci personalizzati anche in-store la pertinenza non è più un’opzione, ma una condizione attesa. Che si tratti di suggerimenti generati dall’AI, raccomandazioni su misura o contenuti nativi veicolati via media retail, il principio resta lo stesso: dimostrare di conoscere la persona, non solo il suo profilo cliente. Questo richiede un uso strategico del dato, non come tracciamento, ma come leva di relazione. Questa trasformazione non è solo tecnologica: è culturale. Le persone si aspettano che i brand sappiano dialogare con loro in tempo reale, personalizzando contenuti, consigli e attivazioni in modo coerente su ogni canale”.
Ed è qui che le retail media networks entrano in gioco come dispositivi relazionali integrati nei touchpoint digitali e fisici. Dunque, non sono più semplici spazi pubblicitari, ma veri e propri ecosistemi di engagement adattivo, orchestrati da algoritmi capaci di costruire esperienze one-to-one. Che si tratti di raccomandazioni automatiche, suggerimenti inseriti nei risultati della Gen AI, o contenuti sponsorizzati veicolati nei canali del brand, il principio resta lo stesso: dimostrare di conoscere la persona, non solo l’acquirente. È un cambio di passo radicale: le campagne non devono più parlare a dei target, ma connettersi con individui. E per farlo, brand e retailer devono sfruttare appieno il potenziale dei propri dati, non solo per osservare ciò che è stato ma accompagnando le persone nel momento in cui la scelta prende forma. E questa scelta – come dimostra la crescita dei comportamenti pre-shop – si gioca molto prima della conversione.
KPI emergenti per misurare la fedeltà
Nel loyalty marketing alimentato dai retail media networks, la misurazione non può più limitarsi ai numeri della performance. Se il brand vuole costruire un legame duraturo, deve imparare a leggere e interpretare la qualità della relazione. E per farlo, non bastano più metriche come clic, aperture o redemption. Servono nuovi KPI capaci di misurare la sintonia, l’utilità percepita, la coerenza tra ciò che il brand dice e ciò che la persona si aspetta di ricevere. La differenza non sta più nella quantità delle informazioni, ma nella capacità di attivare relazioni autentiche. Gli annunci che colpiscono non sono quelli più invadenti, ma quelli che aiutano davvero a decidere. E questa capacità di essere d’aiuto – cioè utile e non solo visibile – si conquista con una strategia integrata che mette insieme AI, dati e retail media networks. È qui che la customer intelligence diventa leva operativa della personalizzazione: non solo per sapere chi è il cliente, ma per capire che cosa si aspetta, in quale momento, su quale canale, e con quale tono di voce. Nel mondo dei retail media, questo significa attivare spazi pubblicitari che non sono solo inventory, ma ambienti relazionali intelligenti. Spazi dove il contenuto incontra la persona giusta, nel momento giusto, con l’intento giusto. E dove il successo non si misura più solo in conversione, ma in fiducia.
I nuovi KPI devono quindi valutare quanto il brand riesce a risuonare con le persone:
- Quanto tempo restano esposte a un contenuto?
- Quante volte tornano spontaneamente?
- Quanto sono disposte a continuare la conversazione su un altro canale?
- In che misura si attivano, partecipano, consigliano?
La fedeltà non si conquista più con incentivi. Misurare la fedeltà significa dotarsi di una nuova cultura della metrica: una cultura predittiva, qualitativa e relazionale, dove ogni dato è una domanda aperta e ogni KPI è una risposta su come migliorare la connessione con le persone.
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Kettydo+ mette a sistema competenza strategica e tecnologica, coniugando Design Thinking e Service Design per guidare le organizzazioni attraverso una fase di co-creazione e progettazione finalizzata a attrarre, ingaggiare, connettere e fidelizzare in modalità continua e duratura. Triangolando consulenza, esperienza e competenza tecnica e operativa, Kettydo+ ha definito un approccio metodologico multidimensionale e data driven all’engagement e alla loyalty anche in virtù dello sviluppo di una innovativa Martech Platform proprietaria, costituita da una suite di moduli diversificati che possono essere usati singolarmente o in base a dei cluster funzionali. Kettydo+ è un partner che garantisce un approccio innovativo, personalizzato ed end-to-end alla gestione della profilazione delle Loyalty Personas (utenti, consumatori, acquirenti, clienti fidelizzati) garantendo la definizione di journey di qualità e la rilevanza delle esperienze, kavorando su valori e trigger che trasformano la soddisfazione in fidelizzazione, accorciando i tempi di rilascio e massimizzando gli investimenti.